Il gioiello del Molise
di Rossella De Rosa
Tutto
ri-cominciò nel 1832 quando un contadino di Castel San Vincenzo, per un
cedimento del terreno, cadde accidentalmente in un ambiente sotterraneo dove ci
erano degli affreschi meravigliosi:
aveva appena scoperto la Cripta di Epifanio.
Da lì iniziarono le ricerche che pian piano portarono alla scoperta dell’area archeologica di San Vincenzo al
Volturno. Oggi è possibile visitare solo un quinto dell’area originaria. Le
vicende del Monastero sono state riportate
nel Chronicon Vulturnense, un codice miniato redatto da un monaco
di nome Giovanni nel 1130.
La
fondazione risalirebbe all’inizio dell’VIII secolo grazie a tre nobili
beneventani, Paldo, Taso e Tato, che erano alla ricerca di un luogo tranquillo
per dedicarsi alla vita ascetica. Questa di San Vincenzo al Volturno si pensa
fosse la prima costruzione. Sotto di essa vi è il vero gioiello dell’intera
area: la Cripta, un piccolissimo ambiente a croce greca con volte a botte
realizzate insieme alla ristrutturazione
della chiesa sovrastante.
Essa
prende il nome dall’Abate Epifanio che guidò il Monastero tra l’824 e l’842. Il
ciclo di affreschi presenti in essa sono
in ottimo stato di conservazione e rappresentano la più alta testimonianza della pittura alto
medioevale con episodi biblici e della vita di Cristo. Le immagini affrescate
hanno un alto valore simbolico e dovevano risultare molto utili per l’educazione morale e religiosa dei
fedeli. Significativa è la scena della crocifissione di Cristo ove è visibile,
inginocchiato, un monaco: è proprio l’Abate Epifanio. La conferma è data
dall’inscrizione accanto all’immagine e da una struttura rettangolare intorno
alla testa del monaco, il nimbo: ciò attesterebbe , secondo le regole della
pittura medioevale, che Epifanio era ancora
in vita al momento della realizzazione del suo ritratto e, secondo gli
studiosi, sarebbe stato proprio lui a
far eseguire il ciclo degli affreschi.
Rappresentato anche il martirio dei primi santi tra cui
Lorenzo e Stefano: si può notare il loro volto sereno perché certi che il
Signore non li avrebbe abbandonati; e infatti nella nicchia che si trova di
fronte appaiono trionfanti accanto a Gesù. Altro affresco significativo è
quello del mistero della verginità richiamato con la natività: le levatrici Salomè
e Zelomi rinviano a vangeli apocrifi e
all’Annunciazione. L’angelo appare diviso materialmente dalla Madonna dalla
finestra presente nella cripta e ciò, per gli studiosi, doveva avere un proprio
significato all’interno del dipinto. Nella parte bassa della cripta vi sono i
resti di una tomba: per alcuni studiosi lì potrebbe essere stato sepolto
proprio l’abate Epifanio. Secondo altri, viste le dimensioni, potrebbe essere
appartenuta ad un giovane esterno alla comunità ma strettamente legato
all’Abbazia, forse appartenente ad una famiglia nobile. La tomba si trova di
fronte all’affresco dei quattro Arcangeli, al cui centro vi è Gesù, anch’egli
una angelo. La collocazione non è casuale: è posto di fronte alla tomba
nell’atto di giudicare nel trapasso dalla
vita alla morte. E’ possibile che a realizzare i dipinti della cripta siano
state maestranze provenienti
dall’Oriente vista la presenza di volti e immagini che rimandano all’arte
bizantina (per esempio, la Madonna raffigurata con un turbante). Insomma:
la Cripta dell’Epifanio è un altro prezioso gioiello del nostro bel Molise.
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