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lunedì 18 aprile 2016


Il gioiello del Molise
di Rossella De Rosa 

Tutto ri-cominciò nel 1832 quando un contadino di Castel San Vincenzo, per un cedimento del terreno, cadde accidentalmente in un ambiente sotterraneo dove ci erano  degli affreschi meravigliosi: aveva appena scoperto la Cripta di Epifanio. Da lì iniziarono le ricerche che pian piano portarono alla scoperta  dell’area archeologica di San Vincenzo al Volturno. Oggi è possibile visitare solo un quinto dell’area originaria. Le vicende del Monastero sono state riportate  nel Chronicon Vulturnense, un codice miniato redatto da un monaco di nome Giovanni  nel 1130.
La fondazione risalirebbe all’inizio dell’VIII secolo grazie a tre nobili beneventani, Paldo, Taso e Tato, che erano alla ricerca di un luogo tranquillo per dedicarsi alla vita ascetica. Questa di San Vincenzo al Volturno si pensa fosse la prima costruzione. Sotto di essa vi è il vero gioiello dell’intera area: la Cripta, un piccolissimo ambiente a croce greca con volte a botte realizzate insieme  alla ristrutturazione della chiesa sovrastante.
Essa prende il nome dall’Abate Epifanio che guidò il Monastero tra l’824 e l’842. Il ciclo di affreschi  presenti in essa sono in ottimo stato di conservazione e rappresentano  la più alta testimonianza della pittura alto medioevale con episodi biblici e della vita di Cristo. Le immagini affrescate hanno un alto valore simbolico e dovevano risultare molto  utili per l’educazione morale e religiosa dei fedeli. Significativa è la scena della crocifissione di Cristo ove è visibile, inginocchiato, un monaco: è proprio l’Abate Epifanio. La conferma è data dall’inscrizione accanto all’immagine e da una struttura rettangolare intorno alla testa del monaco, il nimbo: ciò attesterebbe , secondo le regole della pittura medioevale, che  Epifanio era ancora in vita al momento della realizzazione del suo ritratto e, secondo gli studiosi,  sarebbe stato proprio lui a far eseguire il ciclo degli affreschi. 
Rappresentato anche il martirio dei primi santi tra cui Lorenzo e Stefano: si può notare il loro volto sereno perché certi che il Signore non li avrebbe abbandonati; e infatti nella nicchia che si trova di fronte appaiono trionfanti accanto a Gesù. Altro affresco significativo è quello del mistero della verginità richiamato con la natività: le levatrici Salomè e Zelomi  rinviano a vangeli apocrifi e all’Annunciazione. L’angelo appare diviso materialmente dalla Madonna dalla finestra presente nella cripta e ciò, per gli studiosi, doveva avere un proprio significato all’interno del dipinto. Nella parte bassa della cripta vi sono i resti di una tomba: per alcuni studiosi lì potrebbe essere stato sepolto proprio l’abate Epifanio. Secondo altri, viste le dimensioni, potrebbe essere appartenuta ad un giovane esterno alla comunità ma strettamente legato all’Abbazia, forse appartenente ad una famiglia nobile. La tomba si trova di fronte all’affresco dei quattro Arcangeli, al cui centro vi è Gesù, anch’egli una angelo. La collocazione non è casuale: è posto di fronte alla tomba nell’atto di giudicare nel  trapasso dalla vita alla morte. E’ possibile che a realizzare i dipinti della cripta siano state maestranze  provenienti dall’Oriente vista la presenza di volti e immagini che rimandano all’arte bizantina (per esempio, la Madonna raffigurata con un turbante).                           Insomma: la Cripta dell’Epifanio è un altro prezioso gioiello del nostro bel Molise.








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