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venerdì 26 febbraio 2016

Il Diavolo di Tufara
di Rossella De Rosa


Il Diavolo di Tufara
Il periodo di Carnevale regala alla nostra terra molte rievocazioni di tradizioni antiche che non devono assolutamente perdersi perché appartengono al nostro patrimonio culturale. Una di queste si svolge a Tufara dove, nel giorno che precede le Ceneri,  un giovane viene vestito con sette pelli di capra: è il Diavolo, la maschera principale zoomorfa di Tufara, legata al Dio della vegetazione Dionisio le cui feste venivano celebrate in quasi tutte le realtà agresti. Poi, con l’avvento del Cristianesimo,  il rito fu declassato a mera  maschera carnevalesca. Due gruppi identici,  composti ciascuno da un diavolo, da  due folletti (immagini della morte)  e da due becchini,  percorrono i vicoli del paese, ballando e questuando. Si tratta di gruppi antagonisti in lotta per conquistarsi il primo posto nei favori e nelle donazioni dei compaesani. I più generosi invitano il diavolo e i suoi amici in casa per rifocillarsi. Per tradizione  a Tufara ogni famiglia, già quando viene ucciso  e preparato il maiale, riserva  al diavolo una particolare ventresca, o fila di salsicce o salame, proprio come in altre parti del mondo i contadini dedicano ai morti, o alle divinità del sottosuolo, una parte dei loro raccolti.
Forse  in origine non era il diavolo con i suoi accompagnatori ad aprire la festività orgiastica ma proprio i morti che ritornavano tra i vivi affamati, assetati, desiderosi del calore umano, e bisognava accontentarli ad ogni costo perché sarebbe stato un grave rischio lasciarli andare insoddisfatti: abitando sotto terra, come i semi e le radici, potevano avere una grande influenza sulla crescita dei raccolti! Altri gruppi intanto accedono, insieme con il Diavolo, alla piazza del paese: un uomo mascherato e travestito da pezzente  si fa largo danzando tra la gente e porta in braccio un fantoccio vestito e mascherato più o meno come lui: rappresenta anche esso  il Carnevale. Sul Castello di Tufara vengono esposti  i simulacri di Carnevale dei due gruppi dei Diavoli e sulla piazza compare intanto una coppia di vecchi: sono i suoi genitori che implorano grazia per il loro primogenito che verrà condannato a morte al culmine della festa. Il Carnevale è, in realtà, l’anno appena trascorso di cui la comunità si vuole sbarazzare a causa del le disgrazie capitate in paese (pioggia scarsa, la mosca olearia, liti tra famiglie….). In  tutto questo vi è un messaggio confortante e ottimistico: l’anno nuovo (il secondogenito che la coppia ostenta nella culla) è già pronto a prendere il  posto di quello vecchio. Mentre il processo avanza verso la sua inevitabile conclusione, sulla piazza la festa si fa sempre più rumorosa: a turno i due gruppi dei diavoli si esibiscono in balli scatenati  e goffi   per sottolineare, mimandolo, il trionfo del caos. La condanna a morte viene  pronunciata, nonostante le richieste di clemenza da parte dei genitori del Carnevale: la sentenza viene eseguita e i Diavoli si allontanano con la preda. I vicoletti del paese, percorsi dalla strana processione, sono praticamente deserti; solo l’immagine dondolante della Quaresima saluta dall'alto il cadavere del Carnevale. La comunità non vuole aver più a che fare con l’anno vecchio e quindi le sue spoglie vengono buttate vie, lontano dalla cerchia dei vivi. Ora la nuova Primavera può davvero cominciare.
(articolo pubblicato nel periodico Campobasso Insieme)



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