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lunedì 26 settembre 2016

La Chiesa della Libera  restituita al culto dei fedeli
di Rossella De Rosa
I campobassani sono molto devoti a Santa Maria  della Libera la cui storica chiesa dedicata  è stata chiusa al culto dei fedeli, per inagibilità, per tanto tempo e riaperta il 26 Settembre 2016. Essa si trova sul lato destro di Palazzo San Giorgio, il Palazzo Comunale, area su cui sorgeva il monastero costruito, intorno al 1290, da San Pietro Celestino (proprio quello che fu il Papa “del gran rifiuto”!) e poi ampliato dal  beato Roberto da Salle, suo discepolo. La facciata della Chiesa venne eretta nel 1320  ma il terremoto del 1805 la danneggiò pesantemente lasciando illesa solo la parete in cui si trovava la nicchia con la statua lignea della Madonna, alta soltanto 109 cm, con corpo snello,  viso ovale e dal dolcissimo sorriso che ha da sempre intenerito i devoti fedeli: le sue palme sono rivolte verso chi  osserva e una croce è disegnata sia su di esse che sul collo. Quando nel 1809 venne soppresso l’ordine dei Celestini, la Chiesa e il monastero decaddero qualche anno dopo ma, per volontà del popolo, il luogo di culto, affidato ai cappuccini, venne ricostruito con il campanile e dedicato a sito in cui si recavano gli eremiti  per pregare e fare penitenza. Ma le leggi massoniche fecero chiudere tutto il complesso nel 1860. Dieci anni dopo il Comune costruì, proprio lì, Palazzo San Giorgio e  il popolo volle però che vi rimanesse comunque un segno della presenza della chiesa dedicata a Santa Maria della Libera. E così fu.  L’altare maggiore di oggi era uno dei tre appartenenti alla chiesa della Trinità mentre quello originario si trova nella Cattedrale.                                                                                                                                                                                                                                                                          
Santa Maria della Libera
Dopo mesi  e mesi di chiusura, la Chiesa di Santa Maria della Libera il 26 Settembre 2016 è stata restituita alla comunità dei fedeli come luogo di preghiere e come bene materiale e immateriale molisano ricco di storia.

(articolo pubblicato nel periodico Campobasso Insieme)

lunedì 2 maggio 2016

LA BIBLIOTECA "ALBINO":  SCRIGNO DI CULTURA 

di Rossella De Rosa 

Nel nostro Molise vi è l’istituzione culturale più importante della regione, uno scrigno prezioso per la nostra storia che conta un patrimonio inestimabile di libri e testimonianze: è la Biblioteca molisana “Pasquale Albino” con sede in Campobasso, istituita all’indomani dell’unità d’Italia, nel Settembre del 1861, e sviluppatasi grazie alla importante e sostanziosa donazione di libri da parte di Pasquale Albino, giornalista, avvocato e grande collezionista di testi.  Anche altre famiglie molisane provvidero presto ad arricchire il patrimonio librario della Biblioteca con ulteriori donazioni di volumi di notevole interesse storico e  culturale. Negli anni questa istituzione è così diventata uno scrigno prezioso, punto di riferimento di lettori e studiosi,  e conta, oggi, più di 130.000 volumi , circa 2500 periodici storici, 187.000 schede catalogate, documenti del  1400-1500 stampati col sistema dei caratteri mobili (incunaboli), un cospicuo numero di pergamene, manoscritti, carte geografiche e mappe storiche, disegni, manifesti, bandi, cartoline storiche… si potrebbe all’infinito continuare ad elencare, anche in campo musicale, tantissimi documenti che fanno parte di questo patrimonio storico e culturale del nostro  Molise  che attira, ogni giorno,  centinaia di utenti, anche telematici, grazie alla digitalizzazione di gran parte dei testi così consultabili e che rende la Biblioteca rinomata per qualità e competenza a livello nazionale.  Oggi questa istituzione del Molise, tempio della nostra cultura, punto di riferimento di studiosi di tutti i tempi,  vive una fase di incertezza che mette in discussione le competenze ormai acquisite del competente personale addetto alla Biblioteca Albino e pone in pericolo la gestione e l’utilizzazione di un patrimonio culturale di incommensurabile valore  che non ha eguali nella regione.   
Salviamo questo Bene del nostro Molise!! Non può andare perso questo scrigno prezioso che racchiude la nostra storia, la nostra cultura che viene messa a disposizione delle scuole, degli studiosi e dei comuni lettori, anche studenti, che intendono arricchire il proprio bagaglio culturale. 
Che il nostro grido di allarme scuota le coscienze delle istituzioni affinché sinergicamente  salvino la Biblioteca “Pasquale Albino” di Campobasso, patrimonio inestimabile della nostra comunità.

lunedì 18 aprile 2016


Il gioiello del Molise
di Rossella De Rosa 

Tutto ri-cominciò nel 1832 quando un contadino di Castel San Vincenzo, per un cedimento del terreno, cadde accidentalmente in un ambiente sotterraneo dove ci erano  degli affreschi meravigliosi: aveva appena scoperto la Cripta di Epifanio. Da lì iniziarono le ricerche che pian piano portarono alla scoperta  dell’area archeologica di San Vincenzo al Volturno. Oggi è possibile visitare solo un quinto dell’area originaria. Le vicende del Monastero sono state riportate  nel Chronicon Vulturnense, un codice miniato redatto da un monaco di nome Giovanni  nel 1130.
La fondazione risalirebbe all’inizio dell’VIII secolo grazie a tre nobili beneventani, Paldo, Taso e Tato, che erano alla ricerca di un luogo tranquillo per dedicarsi alla vita ascetica. Questa di San Vincenzo al Volturno si pensa fosse la prima costruzione. Sotto di essa vi è il vero gioiello dell’intera area: la Cripta, un piccolissimo ambiente a croce greca con volte a botte realizzate insieme  alla ristrutturazione della chiesa sovrastante.
Essa prende il nome dall’Abate Epifanio che guidò il Monastero tra l’824 e l’842. Il ciclo di affreschi  presenti in essa sono in ottimo stato di conservazione e rappresentano  la più alta testimonianza della pittura alto medioevale con episodi biblici e della vita di Cristo. Le immagini affrescate hanno un alto valore simbolico e dovevano risultare molto  utili per l’educazione morale e religiosa dei fedeli. Significativa è la scena della crocifissione di Cristo ove è visibile, inginocchiato, un monaco: è proprio l’Abate Epifanio. La conferma è data dall’inscrizione accanto all’immagine e da una struttura rettangolare intorno alla testa del monaco, il nimbo: ciò attesterebbe , secondo le regole della pittura medioevale, che  Epifanio era ancora in vita al momento della realizzazione del suo ritratto e, secondo gli studiosi,  sarebbe stato proprio lui a far eseguire il ciclo degli affreschi. 
Rappresentato anche il martirio dei primi santi tra cui Lorenzo e Stefano: si può notare il loro volto sereno perché certi che il Signore non li avrebbe abbandonati; e infatti nella nicchia che si trova di fronte appaiono trionfanti accanto a Gesù. Altro affresco significativo è quello del mistero della verginità richiamato con la natività: le levatrici Salomè e Zelomi  rinviano a vangeli apocrifi e all’Annunciazione. L’angelo appare diviso materialmente dalla Madonna dalla finestra presente nella cripta e ciò, per gli studiosi, doveva avere un proprio significato all’interno del dipinto. Nella parte bassa della cripta vi sono i resti di una tomba: per alcuni studiosi lì potrebbe essere stato sepolto proprio l’abate Epifanio. Secondo altri, viste le dimensioni, potrebbe essere appartenuta ad un giovane esterno alla comunità ma strettamente legato all’Abbazia, forse appartenente ad una famiglia nobile. La tomba si trova di fronte all’affresco dei quattro Arcangeli, al cui centro vi è Gesù, anch’egli una angelo. La collocazione non è casuale: è posto di fronte alla tomba nell’atto di giudicare nel  trapasso dalla vita alla morte. E’ possibile che a realizzare i dipinti della cripta siano state maestranze  provenienti dall’Oriente vista la presenza di volti e immagini che rimandano all’arte bizantina (per esempio, la Madonna raffigurata con un turbante).                           Insomma: la Cripta dell’Epifanio è un altro prezioso gioiello del nostro bel Molise.